Tutti i temi connessi all’immigrazione

Il tema dell’immigrazione è un argomento gigantesco che raggruppa problemi di ordine sociale, umanitario, internazionale, di sicurezza. Proviamo a fare un po’ di ordine

Lunedì 24 settembre il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il cosiddetto “decreto immigrazione e sicurezza”: un decreto legge che contiene restrizioni per i migranti e per la gestione del sistema di accoglienza in Italia. Il decreto è composto da tre titoli: il primo si occupa di immigrazione e protezione, il secondo di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto della criminalità, il terzo di amministrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia.
La protezione umanitaria è uno strumento legislativo nazionale e si affianca, in Italia, alle due forme di protezione riconosciute, invece, a livello internazionale: lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria.

  • Lo status di rifugiato è la prima forma di protezione internazionale ed è riconosciuto a qualsiasi persona che nel paese in cui vive rischia di essere vittima di persecuzione.
  • La protezione sussidiaria, è uno status riconosciuto a chi è cittadino di un paese terzo e in caso di rientro nel proprio paese rischia di essere ucciso o di essere torturato.

Lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria sono riconosciute a una persona dopo un’istruttoria fatta dalle Commissioni Territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Se l’esito della commissione è positivo, viene rilasciato un permesso di soggiorno che dura cinque anni. Quando non ci sono le condizioni per dare la protezione internazionale, ma ci sono comunque seri motivi per offrire protezione, può essere richiesta la protezione umanitaria, che espande i motivi di tutela oltre il “catalogo” del rifugio politico e della protezione sussidiaria.
Nel luglio 2018 il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva scritto una circolare per il riconoscimento della protezione umanitaria in cui chiedeva di diminuire il numero dei permessi di soggiorno concessi per motivi umanitari. Le condizioni per la concessione della protezione umanitaria, secondo quanto scritto da Salvini, non fanno riferimento a norme “oggettive”.
Per quanto riguarda la protezione umanitaria, il comunicato sul decreto approvato dal Consiglio dei ministri afferma che l’intervento di modifica è dovuto al fatto che nell’attuale sistema di protezione riconosciuto in Italia c’è una criticità di un’anomala sproporzione tra il numero di riconoscimenti delle forme di protezione internazionale espressamente disciplinate a livello europeo e il numero di permessi di soggiorno rilasciati per motivi umanitari, Annalisa Camilli scrive:

nel 2017 in Italia sono state presentate 130mila domande di protezione internazionale: il 52% delle richieste è stato respinto, nel 25% dei casi è stata concessa la protezione umanitaria, all’8% delle persone è stato riconosciuto lo status di rifugiato, un altro 8% ha ottenuto la protezione sussidiaria, il restante 7% ha ottenuto altri tipi di protezione.

L’articolo 1 del decreto vorrebbe di fatto eliminare il permesso di soggiorno per motivi umanitari e introdurre altre forme di permessi temporanei mirati per alcuni “casi speciali”. Non è ancora chiaro quali saranno i requisiti speciali che porteranno alla concessione di una protezione non internazionale, ma il rischio, secondo molti esperti, è che vengano escluse molte situazioni che comportano comunque “seri motivi umanitari” e che sono state finora valutate e giudicate caso per caso. Il rischio è che la riduzione a pochi casi specifici porti a una estensione di quelle conseguenze.

Centri di identificazione ed espulsione e Centri di accoglienza
I centri di identificazione ed espulsione (CIE) si occupano dei casi in cui un cittadino straniero sia arrivato irregolarmente in Italia, privo dei requisiti utili per l’ottenimento della protezione internazionale, la persona è trattenuta nei Centri di permanenza per i rimpatri. Lo straniero può restare per un massimo di 18 mesi all’interno della struttura, prima di essere espulso e rimpatriato. I centri di identificazione ed espulsione principali in Italia sono cinque e si trovano nelle città di Torino, Roma, Bari, Trapani e Caltanissetta.
Il primo documento ufficiale a denunciare le condizioni all’interno dei centri è la relazione realizzata nel 2003 della Corte dei Conti; in essa si parla di «strutture pericolanti», «scarsa attenzione ai livelli di sicurezza», «mancata individuazione di livelli minimi delle prestazioni da erogare». In una dichiarazione di Medici senza frontiere vengono descritte queste strutture come non adeguate a svolgere il proprio compito. Come afferma anche Amnesty International, un’organizzazione non governativa impegnata nella difesa dei diritti umani, nel suo rapporto sui centri, molte volte gli  stranieri sono sistemati in container e in altri tipi di alloggi inadeguati a un soggiorno prolungato, esposti a temperature estreme, in condizioni di sovraffollamento.
Alcuni centri hanno uno spazio aperto troppo angusto, quando non manca del tutto, inoltre, vi sono notizie di condizioni igieniche carenti, di cibo scadente, e soprattutto di mancate forniture di vestiti puliti, biancheria e lenzuola. Sono state riscontrate gravi violazioni quanto al diritto di asilo, infatti sono presenti delle testimonianze di casi in cui stranieri con un regolare permesso di soggiorno sono stati egualmente detenuti nei centri. Come emerge da tantissime dichiarazioni, il migrante si trova chiuso in una prigione senza sapere nulla né del perché si trova lì dentro, né di cosa gli accadrà in seguito. E spesso, come detto in precedenza, non ha alcuna informazione sulle sue possibilità di presentare richiesta d’asilo.
Negli anni ’90, in Italia, però sono nati anche dei centri di accoglienza per gli immigrati, infatti, nel 2001 il Ministero dell’Interno Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, l’Associazione nazionale dei comuni italiani e l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, siglarono un protocollo d’intesa per la realizzazione di un “Programma nazionale asilo”. Il programma ha l’obiettivo di creare con il coinvolgimento di oltre 200 Comuni e 63 progetti territoriali, un’unione integrata di interventi volti all’accoglienza e all’appoggio dell’integrazione. Nasceva, così, il primo sistema pubblico per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, diffuso su tutto il territorio italiano, con il coinvolgimento delle istituzioni centrali e locali, secondo una condivisione di responsabilità tra Ministero dell’Interno ed enti locali.
Esistono anche i centri per l’immigrazione in Italia che offrono accoglienza ai cittadini stranieri arrivati nel paese irregolarmente in vista della loro identificazione ed eventuale richiesta di asilo o espulsione. I centri, gestiti dalla Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e dell’asilo del Ministero dell’interno, sono di quattro tipologie: Centri di Primo Soccorso e Accoglienza (CPSA), Centri Di Accoglienza (CDA), Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA), Centri di Identificazione ed  espulsione (CIE) di cui abbiamo già parlato in precedenza.
I centri di primo soccorso e accoglienza accolgono gli stranieri al loro arrivo nel paese, ricevendo assistenza medica. Sul luogo si procede alla prima identificazione e gli ospiti possono chiedere la protezione internazionale. In base alle loro condizioni sono destinati verso un’altra tipologia di struttura.
I centri di accoglienza e richiedenti asilo offrono ospitalità allo straniero che arriva in Italia in attesa di essere identificato, affinché si accerti la possibilità della sua permanenza. Chi richiede la protezione internazionale ha come destinazione dei centri specifici, i Centri di accoglienza per richiedenti asilo, dove vengono avviate le procedure per l’asilo.

Le ONG
Dibattuto è ancora oggi il rapporto tra migranti sbarcati in Italia e morti e dispersi in mare, per il quale non sono presenti dati e statistiche ufficiali e aggiornate; secondo i dati raccolti dal ministero dell’interno, nel 2017 gli sbarchi avrebbero raggiunto i 36.871 migranti, nel 2018 8.930 e nel 2019 666, ma questi dati sono inversamente proporzionali ai numeri di persone morte in mare, infatti si stima che nel 2018 vi sia un netto aumento di morti, circa 1 persona ogni 8 e che l’85% delle persone salvate sono state rimpatriate.

Secondo il ministro degli interni Matteo Salvini, le cause di questo aumento sarebbero le ONG, organizzazioni non governative le quali, con il loro operato, incentiverebbero le partenze dei migranti; questa ipotesi è stata poco dopo smentita dall’università di Oxford, che dimostrò l’assenza di una relazione effettiva tra partenze e ONG. Le Ong sono organizzazioni senza fini di lucro e che operano in maniera indipendente dai vari Stati e dalle organizzazioni governative internazionali; esse riguardano diversi settori, da quello ambientale (Legambiente, WWF,…) a quello umanitario (Amnesty International, Mediterranea Rescue e Emergency,…) e dal 2014 sono nate alcune imbarcazioni con l’obbiettivo di salvare i migranti. Tra queste la più conosciuta è forse la Sea Watch che -come capitò anche alla Nave Diciotti- furono protagoniste di uno scenario di indifferenza non solo da parte dell’Italia, ma anche del resto dell’Europa.
Nel primo caso un barcone di 49 migranti, giunto nei pressi del Mediterraneo nel dicembre 2018, chiede l’autorizzazione a procedere all’attracco ad un porto sicuro, richiesta che venne rifiutata da tutti i paesi europei, costringendo migranti ed equipaggio delle Ong a rimanere in mare con condizioni meteorologiche sempre più pericolose; nonostante la criticità della situazione, le 49 persone riuscirono a toccare la terraferma dopo ben 20 giorni. Simile sorte toccò alla nave Diciotti alla quale, nell’agosto 2018, con a bordo 177 persone soccorse dalla guardia costiera italiana, venne negato il permesso di sbarcare in Italia. Questi due casi costarono al ministro Matteo Salvini l’accusa, dal tribunale dei ministri di Catania e dalla procura di Roma, di sequestro di persona aggravato per aver abusato del suo potere privando la libertà ai migranti presenti sulle imbarcazioni per un periodo di tempo significativo e senza motivazioni appropriate e provvedimenti che la giustificassero. Oggi il lavoro di ricerca e soccorso di queste organizzazioni, composte per la maggior parte da volontari, è impedito e messo in discussione con le accuse di avere legami con i trafficanti di essere umani, di incentivare le partenze e di avere determinato un aumento di morti e naufraghi nel mediterraneo, ma nonostante ciò vi sono alcune imbarcazioni che hanno deciso di continuare a soccorrere i migranti, rischiando conseguenze penali.

Crescente razzismo e crimini d’odio
Nell’ultimo anno gli episodi di razzismo, i crimini di odio, le azioni di ostilità verso gli stranieri, le aggressioni a sfondo xenofobo sembrano essere aumentati in maniera preoccupante, notizia smentita dal ministro dell’interno Salvini, che insiste sulle responsabilità di chi, prima di lui, avrebbe gestito male il fenomeno migratorio. È difficile stabilire la verità con certezza, dato che in Italia non esiste una banca dati ufficiale che raccolga e pubblichi ciclicamente le statistiche su questo tipo di aggressioni, come avviene invece in altri paesi europei. Esistono diverse agenzie che raccolgono questo tipo di dati, ma non c’è un coordinamento centralizzato di quest’attività. Nel 2010 è stato creato l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad), un’agenzia del ministero dell’interno che raccoglie le segnalazioni alla polizia di crimini di odio. Ma i dati di questa agenzia non sono molto aggiornati: le denunce del 2018 non sono state ancora pubblicate, nel 2017 i crimini di odio registrati sono stati 1.048, un aumento netto rispetto ai 736 del 2016. I dati delle discriminazioni li raccoglie anche l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), un ufficio che dipende dalla presidenza del consiglio dei ministri. Nell’ultima relazione dell’Unar, emerge che tra tutte le discriminazioni, quelle per motivi etnico-razziali hanno la percentuale più alta, arrivando a rappresentare l’82 per cento delle segnalazioni” nel 2017. Seguono le discriminazioni per disabilità e per orientamento sessuale. Mancando le fonti ufficiali per descrivere il fenomeno, i dati raccolti dall’associazione Lunaria dal 2007 nell’osservatorio Cronache di ordinario razzismo sono diventati un importante archivio per giornalisti ed esperti, nonostante essi non abbiano valore statistico e quantitativo e non possono essere citata come se fosse uno studio ufficiale. Si tratta di dati parziali chiarisce, anche se possono aiutare a individuare delle tendenze.

Per il tipo di classificazione adottata da Lunaria, il dato anomalo degli ultimi anni riguarda soprattutto le aggressioni fisiche, che sembrano molto aumentate tra il 2017 e il 2018 nonostante già nel 2017 si era già osservato un passaggio dalla legittimazione alla rivendicazione degli atteggiamenti razzisti, una novità degli ultimi anni. Tuttavia, se i dati di cui disponiamo non sono sufficientemente precisi per poter definire l’Italia un paese razzista, i sondaggi confermerebbero la percezione fortemente negativa che molti italiani hanno di immigrati e stranieri. Sebbene sia prematuro ipotizzare una connessione diretta tra la retorica xenofoba dell’attuale governo e l’escalation di episodi discriminatori, è indubbio che le dichiarazioni pubbliche e il tipo di comunicazione utilizzata stiano nutrendo un clima d’odio e di intolleranza allarmanti, perchè alla base di linguaggio e “crimini d’odio” esiste una vera e propria piramide che poggia proprio su stereotipi, rappresentazioni false e cattiva informazione. Come quella secondo la quale gli immigrati in Italia sarebbero il 30% della popolazione, anziché l’8%. Inoltre, il 56,4% degli italiani ritiene che l’aumento di immigrati favorisca il diffondersi di terrorismo e criminalità, nonostante l’Associazione Antigone abbia smentito l’allarme sicurezza legato agli stranieri. Dunque, non è azzardato ipotizzare che fatti come quelli che ci accingiamo a riportare affondino le proprie radici nell’uso irresponsabile e scorretto di media e informazione, come denunciato anche dall’Associazione Carta di Roma nel suo V rapporto “Notizie da paura”.

Un esempio di aggressione xenofoba è quella avvenuta contro SiIdy Diene, il 54enne senegalese ucciso a Firenze a colpi di pistola dal tipografo in pensione Roberto Pirrone. Era sposato con Rokhaya Kene Mbengue, già moglie di Samb Modou, uno dei senegalesi uccisi sette anni fa nel capoluogo toscano dal killer razzista e simpatizzante di Casa Pound Gianluca Casseri. La donna, vedova due volte, ha fatto capire di ritenere che ci sia stato un movente razzista alla radice anche del secondo omicidio.

Dopo gli avvenimenti di Torre Maura, all’inizio di aprile c’è stata un’altra rivolta anti rom nella Capitale, dove gli abitanti del quartiere Tiburtino hanno impedito ad una famiglia di entrare in una casa popolare legittimamente assegnata, posizionando dei cassonetti dei rifiuti sulla via. La protesta, guidata da alcuni esponenti di Casa Pound, è andata in scena in via Cipriano Facchinetti, dove padre madre e figlio erano arrivati con le chiavi davanti la loro abitazione, alla quale però era stata sostituita la serratura del portoncino, e la famiglia rimase di fatto impossibilitata a prendere possesso dell’immobile. Decisi ad entrare nella loro casa popolare, gli assegnatari hanno quindi chiamato un fabbro al fine di farsi aprire la porta. Nell’attesa dell’arrivo del maniscalco l’abitazione è stata occupata da una giovane mamma, Noemi, che incitata dalla folla, sosteneva di averne più diritto rispetto alla “famiglia di zingari”, nonostante lei non avesse mai presentato domanda.
Con il rischio che la protesta potesse degenerare, provvidenziale è stato l’arrivo dei Carabinieri che hanno garantito l’incolumità della famiglia assegnataria, costretta poi ad andare via da via Facchinetti.

Molto discusso fu anche l’attentato compiuto dal ventottenne Luca Traini, che ha aperto il fuoco dalla sua macchina e ha sparato sui passanti in diverse zone della città di Macerata. Nella sua folle corsa ha ferito 6 persone, tutte di origini africane. Traini, raggiunto dagli agenti in piazza della Vittoria è sceso dall’auto, si è tolto la giacca e ha indossato una bandiera tricolore sulle spalle. Una volta arrivato sui gradini del Monumento ai caduti, si è girato verso la piazza e ha fatto il saluto romano. L’uomo, nella tornata elettorale dell’11 giugno 2017 era stato candidato con la Lega Nord a Corridonia, in provincia di Macerata. In un manifesto elettorale il ragazzo appare insieme al candidato sindaco del Carroccio, Luigi Baldassarri. Un conoscente ha detto che Traini negli anni scorsi sarebbe stato vicino a movimenti di estrema destra. Il suo nome comparse anche tra le scritte presenti sui caricatori dell’arma usata da Brenton Tarrant, 28 anni, identificato come l’attentatore alle moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda.
Questi episodi, che come si può intuire, sono solo alcuni dei quotidiani fatti che riportano alla luce un clima di odio e xenofobia che sembrava appartenere ed essere confinato al “lontano” secolo scorso, dimostrano come l’opinione pubblica si stia dirigendo verso una chiusura culturale, e purtroppo anche fisica, che porta a vedere l’immigrato come capro espiatorio degli attuali problemi sociali ed economici.

Racagni, Sartorio, SUdetti, Merigo, Ruocco.
4a LSU (Liceo Scienze Umane)

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