LA DONNA CHE MI HA CAMBIATO LA VITA
Me lo ricordo come se fosse ieri, mi è impossibile scordarlo. Ho questo pensiero costante: quando mi sveglio, quando pranzo, quando mi lavo, quando mi rimetto a letto. Ormai esso mi accompagna quotidianamente, continuamente. Non mi lascia in pace nemmeno nel sonno, continuo a rivedere sempre le stesse scene che ormai sono diventate quasi un incubo, sento che sto per impazzire. Ho capito che è arrivato il momento di parlare con qualcuno… ma come faccio? Io sono il grandissimo e unico Francesco Bernardino Visconti, l’Innominato, temuto da tutti, come posso pensare di esprimere i miei stati d’animo a qualcuno?
Perderei immediatamente la mia credibilità e senza dubbi diventerei lo zimbello di tutto il paese. Non posso permettermi tutto ciò. È per questo che ho deciso di scrivere questa sorta di lettera, per poter cercare di sfogare il più possibile tutto ciò che mi tengo dentro ormai da anni e mettere un punto a questa storia. Era il 14 novembre 1628, me lo ricordo perfettamente perché il giorno prima era stato il compleanno del mio caro amico Giuliano e avevamo festeggiato. Ero molto stanco il giorno successivo, tanto che ero quasi tentato di rimandare i miei impegni lavorativi, ma poi sono tornato in me e mi sono ricordato che, se sono arrivato dove sono, è solo perché per tutta la mia vita sono sempre stato un uomo determinato, inflessibile, che ha sempre messo la carriera prima di qualsiasi cosa.
Spesso, lo ammetto, sono stato quasi disumano, ma non mi è mai importato, perché io avevo un unico scopo: essere il migliore. Non so bene cosa mi sia successo quella mattina; ultimamente mi sentivo come se mi mancasse qualcosa e, avendo un istinto infallibile, probabilmente avevo capito che quel 14 novembre sarebbe successo qualcosa che mi avrebbe completamente cambiato. Quella mattina è stata molto pesante, come al solito. Finalmente arrivò l’ora di pranzo, il mio momento preferito della giornata, in cui mi sedevo da solo a tavola e mi abbuffavo delle tante prelibatezze preparate dai miei cuochi. Io non avevo famiglia, ma ero circondato solamente dai miei uomini e dai miei servitori, o meglio, dai miei schiavi. Ero molto solitario, ma non mi dispiaceva, anzi. Dopo pranzo decisi di far una passeggiata nei miei enormi giardini. Ero tranquillo, finché in lontananza non vidi una ragazza. Una sconosciuta nel mio castello? Due dei miei uomini si scagliarono subito su di lei, io li seguii. Lei iniziò a dimenarsi. Di prassi avrei ordinato di farla decapitare, o di farla impaccare, o di farle subire la prima atrocità che mi passava per la testa, senza pensarci due volte, invece le chiesi: <Chi sei?>. I due uomini che mi accompagnavano si voltarono verso di me con un viso confuso e stupito. Lei mi rispose: <Biancaneve> in modo impaurito, confuso, ma allo stesso tempo lasciava trasparire gentilezza e bontà d’animo. <Biancaneve? Che nome bizzarro… e dimmi, Biancaneve, cosa ci fai nel mio castello? Sei forse in cerca di guai? Sei un’intrusa? Hai idea dei rischi che stai correndo?>. Alle mie parole lei rispose con uno sguardo molto offeso e disse: <Nome bizzarro? Biancaneve è il nome più bello ed originale che io abbia mai conosciuto, mio padre mi chiamava così> e solo dopo rispose alle mie minacce: <In realtà… io non dovrei essere qua, non sono assolutamente un’intrusa, ma penso di essere stata ingannata dalla mia matrigna, le racconterei la storia ma non vorrei che pensi di avere davanti a sé una pazza e inoltre…> La interruppi brusco : <Vattene, buttatela fuori da qua> ancora una volta i miei uomini si rivolsero a me con uno sguardo di stupore, ma ciò che dicevo io erano ordini, perciò obbedivano.
Me ne tornai in camera mia, dato che avevo un po’ di tempo libero. Continuavo a pensare a quella Biancaneve: era così bella, gentile, emanava serenità. Esattamente il contrario di me, perennemente in conflitto con me stesso nonostante l’apparenza granitica. . Ma soprattutto non riuscivo a togliermi dalla testa ciò che avevo appena fatto io. Perché non l’ho imprigionata? Perché non l’ho uccisa? Lei era un’intrusa nel mio castello! Inoltre continuava a ronzarmi per la mente il suo racconto, avrei voluto sentirlo fino alla fine, mi intrigava particolarmente, ma il mio istinto è come se avesse voluto difendermi e mi ha fatto pronunciare quell’ultima parola: “Vattene”.
Passarono tre mesi, ormai era febbraio, ma io avevo ancora un pensiero fisso nei confronti di Biancaneve. In quel periodo iniziò a girare una voce per il paese. Io ero e sono uno che preferisce stare lontano dai pettegolezzi (con tutti quelli che girano su di me!), ma questo in particolare aveva attirato la mia attenzione. Il figlio di un ricco feudatario, che non aveva fatto assolutamente nulla nella sua vita per arrivare alle ricchezze che possedeva, si sposava. Fin qui non mi interessava proprio nulla, fino a quando mi è arrivata la voce che la donna che sposava si chiamava Biancaneve. Quante probabilità c’erano che ci fosse un’altra Biancaneve? Davvero poche, era sicuramente lei. Nelle settimane successive tutti parlavano di questo matrimonio e non so perché provavo una strana sensazione che non avevo mai provato prima. Ho letto molti libri e da quello che c’era scritto poteva trattarsi di gelosia, invidia. Come? L’innominato geloso e invidioso? La presi come una grave offesa personale, tanto che presi quei libri e li bruciai tutti insieme, guardando il fuoco ardere e sorridendo, pensando che era giusto così, perché nessuno può permettersi di dire che l’Innominato è geloso. Nonostante tutto ciò, la sensazione rimase e mi provocava molto disagio e fastidio.
Un giovedì pomeriggio dovetti scendere in paese per questioni di lavoro. Ogni volta che ciò accadeva, tutti si rinchiudevano nelle loro abitazioni, perché mi temevano, avevano paura di me. Quel giorno però, le strade non erano deserte come al solito, c’era una ragazza che passeggiava. Mi sentii offeso, tirai fuori la spada ed ero pronto a tagliarle il collo nel passare. Lei era spensierata, non si era resa conto che un uomo stava avanzando verso di lei con una spada e tutto ciò mi provocava una tale rabbia, mi sembra una presa in giro.
Mancavano pochi metri alla fanciulla, finché all’ultimo mi accorsi che era Biancaneve! Cercai di frenare in tutti i modi e non so come sia riuscito a fare in modo che la mia spada non la sfiorasse nemmeno. Ancora una volta tutti i miei uomini rimasero stupiti, ma in quel momento tutto ciò che c’era attorno a me non esisteva più, c’era solamente Biancaneve. Finalmente la rivedevo. Lei mi guardò sorridendo, facendomi un cenno come saluto. Io rimasi sul mio cavallo e, una volta ripresomi, trovai la voce per parlare: <Lei per caso è pazza? È già la seconda volta che si salva, la terza non sarò così clemente>. Mi chiese scusa, mi ringraziò e mi disse che aveva la testa fra le nuvole. Continuava a parlare ma mi resi conto che tutti, da un buchino della finestra ci stavano guardando ed erano tutti molto confusi.
Biancaneve stava rovinando la mia immagine da duro, così improvvisamente diventai il solito uomo spietato,iniziai a urlarle contro e la feci salire su un cavallo, portandola nel mio castello e decidendo poi la sua sorte. La fanciulla mi aveva addirittura fatto dimenticare del mio importantissimo appuntamento di lavoro, e una cosa simile non era mai successa in tutta la mia vita.
Arrivato al castello feci rinchiudere Biancaneve in una cella. Ero, a dir poco, furibondo. Andai nella cella della ragazza per sfogare la mia ira, come faccio sempre, ma una volta lì non riuscii a muovere un dito.
Mi spostai quindi nella cella accanto, di una ragazza di cui non sapevo nulla, probabilmente per una sciocchezza l’avevo fatta imprigionare ed è per questo che non mi ricordavo di lei, di solito io mi ricordo di tutti i miei prigionieri. Andai da lei, che a quanto pare si chiamava Serafina e iniziai a sfogare tutta la mia rabbia su di lei. Per tutto il castello si sentivano solamente le grida, i pianti e le suppliche di questa povera ragazza che non c’entrava nulla.
Una volta sfogatomi, mi sentivo meglio e mi sono spostato da Biancaneve, ma lei non mi guardava nemmeno negli occhi. Alle mie domande non rispondeva e, quando ho cercato di farla parlare prendendole la faccia e tenendola stretta verso di me, è caduta in un pianto profondo, iniziando a insultarmi e chiedermi di allontanarmi da lei. Io rimasi fermo immobile finché non uscii dalla stanza senza dire nulla.
Ero destabilizzato, non era mai successa una cosa del genere. La notte pensai a ciò che era successo. Per qualche giorno non andai più da Biancaneve e continuai a pensare, finché mi resi conto che mi ero innamorato di lei. Non mi sembrava vero che fosse successo ma non riuscivo più a negarlo a me stesso. Volevo parlare con lei, ma per la prima volta in vita mia, non avevo il coraggio.
Feci passare ancora una settimana e poi mi decisi. Andai nella sua cella, ma appena aprii la porta non vidi la solita Biancaneve bella, solare, ma una ragazza spenta, sciatta, in condizioni non buone. Ma nonostante ciò non riuscivo a non pensare che fosse la fanciulla più bella e perfetta che mi fossi mai ritrovato davanti. Non parlava, inizialmente, ma pian piano riuscii a farle capire che ero lì con buone intenzioni e non volevo assolutamente farle del male.
Abbiamo parlato tanto, anche della mia vita e lei non si faceva problemi a dirmi quello che pensava. Mi ha detto che non le piaceva per nulla il mio stile di vita, mi ha fatto rendere conto di tutte le cattiverie che ho commesso e che forse in realtà essere solo ed odiato da tutti non mi piaceva così tanto. Ormai avevamo un bel rapporto di amicizia anche se io la consideravo come più di un amica.
“È sposata”. Questa frase continuava a rimbombarmi nella testa,continuamente. Dovevo farmene una ragione. Un giorno, ero con lei a chiacchierare, finché a un certo momento mi è venuto in mente il nostro primo incontro: <Non so perché non te l’ho mai chiesto, ma non ho mai smesso di pensare a quando, la prima volta che eri nel mio castello, non mi hai raccontato il perché ti sei ritrovata qui Il motivo mi incuriosisce molto, vorrei saperlo>. Lei era molto esitante, ma dopo le mie insistenze cedette: <Non so bene da dove iniziare, ho paura che possa pensare di avere a che fare con una pazza. Cercherò di essere il più diretta possibile: io vengo da un altro mondo, in cui tutto è completamente diverso dalla terra. Lì tutto è pieno di magia, sogni, speranza. Io sono la figlia del re di quel regno ed ho avuto la famiglia più bella che potessi desiderare.
Finché all’età di 4 anni mia madre è morta e mio papà si è risposato con la mia matrigna. Mi ha sempre odiata, trattata malissimo, ma era costretta a fingere di sopportarmi davanti a mio padre, finché anche lui morì.
A quel punto iniziò un incubo per me e per tutto il regno. Con un inganno è riuscita ad ereditare quel posto incantato, trasformandolo in un inferno. Ella è una donna molto bella, ma quando il suo specchio magico le ha detto che io lo ero di più, la situazione è peggiorata. Ha cercato in ogni modo di sbarazzarsi di me, anche cercando di uccidermi, ma non ce l’ha mai fatta. Finché un giorno, riuscita a scoprire il mio rifugio, mi ha raggiunta travestita da vecchietta e mi ha dato una mela, apparentemente normale e dopo averla mangiata mi sono ritrovata qua, in questo mondo>. Ci fu silenzio per qualche minuto. Ci guardavamo negli occhi, nessuno diceva nulla. Ad un certo punto io mi sono alzato e, zitto, me ne sono andato. Ero scioccato: la prima volta in vita mia in cui mi sono innamorato di una donna, e non è di questo mondo, pensavo.
Volevo sbarazzarmi di lei, non pensarci più. La liberai e tornò da suo marito, che per tutto quel tempo stava progettando di venire a riprendersela ma forse non ha mai agito perché non è un uomo tanto valoroso come pensa di far credere. Da allora , ara il 3 aprile 1629 non ho più visto né avuto notizie di Biancaneve, anche se ovviamente il mio pensiero era fisso su di lei. Tornai ad essere l’uomo malvagio e solitario di prima, anche se in realtà in fondo mi rendevo conto di non volerlo, ma pensavo che continuare a essere una persona migliore mi avrebbe fatto pensare ancora di più a Biancaneve . Invece alla fine essere il solito uomo senza scrupoli non migliorava affatto la situazione.
Passarono mesi e mesi, quasi un anno, più precisamente, me lo ricordo, era il 7 gennaio 1630. In quel periodo si accusavano molte donne di stregoneria, e un giorno venne annunciata il rogo di Biancaneve. Su di lei pendeva l’accusa terribile : era una strega. Non potevo crederlo. E non potevo starmene lì a far niente. Presi immediatamente il mio cavallo e da solo corsi nel paese per prendere Biancaneve e portarla con me. Fu più quanto facile di quanto pensassi, l’unico intoppo fu la fanciulla che era titubante: aveva paura che fosse un tranello e l’avrei consegnata a qualcuno.
Mi bastò guardarla negli occhi per farle capire che non era così. Arrivammo al castello. Inizialmente ci furono dei momenti di imbarazzo, poi la nostra complicità aveva ripreso il sopravvento. Le chiesi scusa per come mi ero comportato e stavolta non la lasciai in una cella ma le diedi una bella stanza.
Le feci un po’ di domande, tra cui perché suo marito non l’avesse aiutata in quella brutta situazione. Lei rispose che in realtà lei non lo amava, e probabilmente lui non amava lei, ma lo aveva sposato perché era convinta che il bacio del vero amore l’avrebbe riportata nel suo mondo.
Non era stato così però. Io annuii dispiaciuto, ma in realtà non la stavo più ascoltando, pensavo solamente alle parole : “In realtà io non lo amo”. Si fece tardi, andai a dormire. I giorni seguenti iniziai a non pranzare e cenare più da solo, ma in compagnia di Biancaneve e iniziai a occuparmi meno del mio lavoro per stare con lei. Una sera, dopo un lungo sfogo sulla mia famiglia, lei mi guardò negli occhi e pronunciò testuali parole: <Ti amo>. Io sbarrai gli occhi, era la prima volta che qualcuno me lo diceva e la prima volta che lo pensavo anch’io riguardo a qualcuno. Alla mia risposta anche lei sbarrò gli occhi. Io capii. Non avrei voluto farlo ma non dovevo essere egoista e pensare al suo bene. Mi alzai e la baciai. Si aprì un vortice intorno a lei che durò qualche secondo. Pianti, baci, urla. Lei scomparve e io mi ritrovai da solo in quella stanza. Da lì non ho più saputo nulla di lei, ma da quel giorno io non mi do pace e questa sensazione mi mangia tutto dentro. Questa è la storia mia e dell’incantevole Biancaneve, la donna che mi ha cambiato la vita.
È arrivato il momento di finire la lettera e di bruciarla, per mettere un punto a questa vicenda, ricordarmi di quanto sia stata bella ma capire che è arrivato il momento di andare avanti. Per un nuovo inizio, per Biancaneve. Ti amo.
L’InnominatoCHIARA